Archivio mensile: Maggio 2019

Vedi Napoli e poi muori… Parte IV

Cattedrale di San Gennaro

 

Gennaro (Benevento o Napoli, 21 aprile 272 – Pozzuoli, 19 settembre 305) è stato un vescovo e un martire cristiano; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa.
È il patrono principale di Napoli, nel cui duomo sono custodite le sue ossa e due antichissime ampolle contenenti il presunto sangue del santo raccolto da una donna pia di nome Eusebia subito dopo il martirio. Queste ampolle vengono esposte alla venerazione dei fedeli tre volte l’anno: il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre ed il 16 dicembre; giorni cari alla pietà partenopea in quanto in essi si può assistere al fenomeno della liquefazione, attestata per la prima volta nel 1389 come fatto già noto e considerato dalla pietà popolare un miracolo.

Eccellente cucina cantonese a Londra

Hakkasan Mayfair

www.hakkasan.com

Come alcuni dei  grandi ristoranti l’entrata e’. anonima. Buona accoglienza dal personale appena entriamo. Locale elegante con sullo sfondo un banco bar con una miriade di bottiglie lungo la parete. Cio’ sia al piano terra che al primo interrato.
Iniziamo con un cocktail Hakkatimi ( vodka, campari, gran marnier, mela e arancia amara).
Quindi dim sum con quattro varieta’’ ed una insalatina d’accompagnamento e ciotole di riso bollito.
Accompagnamo con una coppa di Sanserre.
Quindi tre piattini con gamberoni, bocconcini  di maiale e trancetti di spigola.
Infine un croccantino con ripieno di gelato. Tutto freschissimo e molto ben cucinato. Infine un te’ alle orchidee. Servizio perfetto da parte di un team di camerieri provenienti da mezzo mondo. Il locale e’ presente con due sedi a Londra, tre negli Usa Abudabi, Mumbei, Doha, Schangai e Dubai.
Piacevolissima esperienza.

Vedi Napoli e poi muori…..Parte III Maggio 2019

A zonzo per la citta’

 

 

 

CASERTA VECCHIA

 

E’ un borgo medievale che sorge alle pendici dei monti Tifatini a 401 metri di altitudine e a 10 km di distanza da Caserta,  In epoca medievale costituì il centro di Caserta; dal 1960 è tra i monumenti nazionali italiani..

Le origini del paese ancora oggi non sono certe, ma secondo alcuni scritti del monaco Benedettino Erchemperto che risalgono all’anno 861, si parla di un primo nucleo urbano, sulle montagne denominate Casahirta (dove casa sta per villaggio e hirta o erta per aspra, ripida, di difficile accesso).

Il Borgo originalmente edificato su un pre-esistente villaggio romano nel corso degli anni ha subito varie dominazioni.

Originalmente appartenne ai Longobardi nell’879 fu dato al Conte Pandulfo di Capua.

Nel secolo IX a seguito di vari eventi bellici, quali incursioni saracene e devastazioni di Capua, gli abitanti e il Clero si videro costretti a cercare rifugio in luoghi più sicuri, come quelli montani. E fu proprio in seguito a questi eventi che la popolazione aumento notevolmente, cosicché alla fine fu trasferita anche la sede vescovile.

Nel 1062 Casertavecchia venne occupata da Riccardo I di Aversa, e da qui ebbe inizio la dominazione Normanna che porto il paese al suo massimo splendore nell’anno 1100-1129 con la costruzione della attuale Cattedrale sotto l’episcopato di Rainulfo, e la sua consacrazione nell’anno 1153 al culto di San Michele Arcangelo.

Con alterne vicende altri feudatari successero a Riccardo I, finchè il Borgo non passo sotto la dominazione degli Svevi con Riccardo di Lauro (1232-1266), il quale ne accrebbe la fama e lo valorizzo fino a farlo giungere al suo massimo splendore e importanza anche in campo politico.

E pare che si debba proprio a Riccardo di Lauro la costruzione al castello della grande torre cilindrica superstite.

Nel 1442 il Borgo passa sotto la dominazione aragonese, e qui inizia la sua parabola discendente, Casertavecchia vede lentamente decadere la sua importanza, poichè la vita incomincia a svilupparsi in pianura. Restano a Casertavecchia solo il vescovo e il seminario, che continuano a dare una minima importanza al Borgo. Questo fino all’nno 1842, quando Papa Gregorio XVI ne sancì il definitivo trasferimento alla nuova Caserta.

In seguito con il dominio dei Borboni nell’Italia meridionale e la costruzione della reggia, il nuovo centro di ogni attività diventa Caserta e per forza di cose gli abitanti della vecchia cittadina dovettero spostarsi in pianura.

A ricordo ancora dello splendido passato che fu restano il Duomo, il campanile, i resti del castello e le strade dell’intero Borgo tutte in stile siculo-normanno.

Molti ed invitanti ristoranti che varrebbe la pena di provarli.

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Napoli sotterranea

 

Bombe inesplose

La Napoli sotterranea presenta diversi volti, ognuno di questi legati a diversi momenti storici della città, infatti si racconta che tra le grotte e i cunicoli sotterranei vi si svolgeva una vita diversa da quella svolta in superficie, lasciando ancora tutt’oggi un profondo senso di mistero e curiosità.
C’è da dire che la Napoli Sotterranea è stata utilizzata come rifugio dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma non solo.La leggenda narra che, tra gli stretti cunicoli vi si aggirano i Fantasmi di Napoli, quindi se sentite uno strano vociare, state tranquilli, siete in compagnia del padrone di casa… ‘’O’Munaciell ‘’.
Il sottosuolo della città di Napoli è costituito in gran parte da tufo, pietra di origine vulcanica friabile, facile da scavare e sufficientemente resistente per creare gallerie autoportanti

Vedi Napoli e poi muori……..II Parte

Reggia di Caserta

La visita della durata di circa tre ore con una guida molto qualificata ( laurea in Beni Culturali) si e’ svolta principalmente all’interno del palazzo e poi, tramite una navetta abbiamo visitato anche l’enorme parco.

La Reggia e’ la residenza reale piu’ grande al mondo. Essa fu voluta dal re di Napoli Carlo di Borbone, che affido’ la realizzazione all’architetto Luigi Vanvitelli. La prima pietra fu posta nel 1752. I sovrani che succedettero a re Carlo furono Murat, Ferdinando IV, Francesco I e Ii. Nel 1806 Napoleone concesse la corona del regno di Napoli a suo fratello Giuseppe. Nel 1860
il Regno delle Due Sicilie venne incorporato nel Regno d’Italia ed il palazzo venne utilizzato occasionalmente da alcuni membri di casa Savoia sino a quando Vittorio Emanuele III non lo cedette allo stato italiano nel 1919.

Il grandioso complesso terminato nel 1846 annovera ben 1200 stanze e 1742 finestre.

Scalone principale

Cappella Reale

Sala del trono

Camera da letto di Gioacchino Murat

 

Il Parco

Si estende per 3 km di lunghezza su 120 ettaridi superficie. Una scenografia verde in cui perdersi tra giochi di acqua, boschetti ,giardino all’inglese tra alberi rari e straordinari.

 

Vedi Napoli e poi muori…….Maggio 2019 Parte Prima

Erano molti anni che mancavo da Napoli.

Il viaggio: Italo. passaggio gratuito dalla II alla I classe. Molto gentili gli addetti, che sono – nella tratta da Milano – passati con il carrello caffe’ e bibite tre volte. Comodi i sedili e abbastanza lento il collegamento WiFi. Durata quasi 5 h.

Impressioni: mi ha nuovamente colpito la spontanea gentilezza da parte di ogni passante a cui chiedevi un’informazione.

Taxi facile trovarne e a tariffe, per percorrenze medie, intorno ai 10€.

Osservato con meraviglia la cura con cui sono stati ristrutturati i principali palazzi di via dei Mille e dintorni.

Molto bene la pedonalizzazione da via Toledo a via Calabritto.

Prima solo i posteggiatori ti davano del “dottore”. Ora la cosa si e’ estesa a tutti coloro con cui entri in contatto.

Pernottamenti: presso B&B il Ventre di Napoli in via Broggia ( circa 90 € al giorno, inclusa tassa soggiorno). Stanza molto pulita e letto comodo. Unico inconveniente il rumore del traffico, nonostante ci sia una doppia finestra. Ubicazione a ridosso del Museo e quindi vicino al metro’ e a molti punti d’interesse. Colazione presso un bar esterno.

Principali visite:

Il Cristo Velato, Cappella di San Severo via Francesco de Sanctis 19/21.

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E’ una scultura marmorea di Giuseppe Sanmartino, conservata nella cappella Sansevero di Napoli.

L’opera, realizzata nel 1753, è considerata uno dei maggiori capolavori scultorei mondiali, ed ebbe tra i suoi estimatori Antonio Canova che, avendo tentato – senza successo – di acquistare l’opera, dichiarò che sarebbe stato disposto a dare dieci anni della propria vita pur di essere l’autore di un simile capolavoro.

Giuseppe Sanmartinoi venne affidato l’incarico di produrre «una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua» Sanmartino realizzò quindi un’opera dove il Cristo morto, sdraiato su un materasso, viene ricoperto da un velo che aderisce perfettamente alle sue forme. La maestria dello scultore napoletano sta nell’esser riuscito a trasmettere la sofferenza che il Cristo ha provato, attraverso la composizione del velo, dal quale si intravedono i segni sul viso e sul corpo del martirio subito. Ai piedi della scultura, infine, l’artista scolpisce anche gli strumenti del suddetto supplizio: la corona di spine, una tenaglia e dei chiodi.

 

Monastero di Santa Chiara

 

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Si tratta della più grande basilica gotica della città, caratterizzata da un monastero che comprende quattro chiostri monumentali, gli scavi archeologici nell’area circostante e diverse altre sale nelle quali è ospitato l’omonimo Museo dell’Opera, che a sua volta comprende nella visita anche il coro delle monache, con resti di affreschi di Giotto, un grande refettorio, la sacrestia ed altri ambienti basilicali.

Stazione Metropolitana di Toledo

La stazione “Toledo” della Metro 1 di Napoli, il gioiello firmato dall’architetto catalano Oscar Tusquets Blanca, è stata inserita al primo posto di una speciale classifica dedicata alle stazioni di metropolitana più belle d’Europa.

Non è il primo primato per la stazione di Toledo, che già nel 2012 era stata giudicata dal The Daily Telegraph come la migliore europea. Oggi la conferma del primato estetico da parte del prestigioso network statunitense Cnn, che ne ha apprezzato i motivi incentrati sull’acqua e la luce e l’installazione luminosa di Robert Wilson “”Light Panels” posizionata nei corridoi.

Inaugurata nel 2012, la stazione Toledo è profonda 50 metri. Come precisa la Cnn, ‘ha dei rivali’: fa parte infatti della serie “Stazioni dell’arte”, che ha coinvolto nella città partenopea anche altri nomi illustri come Alessandro Mendini e Gae Aulenti.

Purgatorio ad Arco. La chiesa delle anime pezzentelle

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E’ una chiesa barocca[1] di Napoli situata su via dei Tribunali, nel centro antico della città. Fu eretta nel 1616 su un progetto di Giovanni Cola di Franco e di Giovan Giacomo Di Conforto su commissione di diverse famiglie nobili napoletane e con l’obiettivo di realizzare un luogo di sepoltura per le persone povere della città, senza famiglia e senza casa.

L’antico culto delle anime del Purgatorio, custodito da secoli nell’Ipogeo della seicentesca Chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco, sorse spontaneamente, agli inizi del 1600, quando la nuova chiesa controriformata propose la cura delle anime dei defunti come una delle principali pratiche religiose per stabilire, attraverso preghiere e messe in suffragio, un legame liturgico tra vivi e trapassati.

Il culto delle anime era stato ampiamente sostenuto dalla chiesa cattolica che identificava in esso un modo per raccogliere offerte ed elargizioni tanto che era diventato obbligo di ogni buon credente preoccuparsi di lasciare un testamento che indicasse la cadenza di messe e preghiere in suffragio del defunto. I vivi, come mezzo per espiare i peccati terreni, si preoccupavano di favorire l’ascesa delle anime in Paradiso e di assicurare loro il refrigerio dalle fiamme del Purgatorio durante il periodo di tribolazione.

Ma a Napoli la relazione diretta con l’anima va oltre, scavalca il limite del tempo della vita e penetra in quello che oltrepassa la vita attraverso rituali dove la pietas popolare mostra tutta le sue più profonde sfaccettature. Oggetto di culto diventano le anime anonime, quelle abbandonate e senza nome, quelle i cui corpi, che non avevano beneficiato dei riti di compianto, venivano sepolti nelle fosse comuni. Il rapporto si stabilisce attraverso l’adozione di un teschio, che secondo la tradizione è sede dell’anima, che viene scelto, curato, accudito e ospitato in apposite nicchie. L’anima pezzentella ( dal latino petere: chiedere per ottenere), anima anonima o abbandonata, invoca il refrisco, l’alleviamento della pena, e colui che l’ha adottata, la persona in vita, a lei chiede grazia e assistenza.

Da un tempo senza tempo la pietà popolare si prende cura di crani senza nome identificandoli con le anime del Purgatorio, anime il cui abbandono continuerebbe anche nell’altra vita se non fosse per le cure pietose dei devoti. Nell’ipogeo del Complesso del Purgatorio ad Arco, scarabattoli, nicchie, piccoli altarini, raccontano una storia antica, dove si mescolano fede, preghiere e speranze. Lumini, fiori, rosari, piccoli oggetti, messaggi scritti e riposti tra le pieghe dei cuscini dove riposano i teschi, testimoniano la cura, l’amore e la fiducia riposta in queste anime antiche; tra queste, quella di Lucia, è l’anima più amata. Il teschio col velo da sposa, ornato di una preziosa corona, è custodito accanto ad una coppia di teschi che, nell’immaginario popolare, rappresentano i servitori della giovane, una principessa morta giovanissima subito dopo le nozze. A quest’anima la tradizione popolare ha dedicato un complesso altarino eleggendola protettrice delle spose e mediatrice per preghiere e invocazioni.

L’antico culto, sopravvissuto a guerre e carestie, si manifesta nel tempo in tutta la sua intensità, tanto che nel 1969 il Cardinale Ursi lo vieta perché era oramai troppo diffuso il ricorrere a resti anonimi, piuttosto che ai santi. Ancor oggi il rapporto di reciproco ausilio non si interrompe mai ne’ di notte ne’ di giorno: le grate che mettono in comunicazione la strada e l’ipogeo consentono alle voci, ai lamenti, alle preghiere di raggiungere in qualsiasi momento il teschio che gode della protezione, mentre un pensiero, un fiore, un lumino acceso, sostengono nella dura lotta per il Paradiso le anime del Purgatorio generosamente accolte nel vasto Ipogeo della chiesa.

Purgatorio ad Arco


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Piacere dell’onesta’

di Luigi Pirandello
con Geppy Gleijeses, Vanessa Gravina
e con Leandro Amato, Maximilian Nisi, Tatiana Winteler, Mimmo Mignemi, Brunella De Feudis
regia Liliana Cavani

Dopo la felice esperienza di Filumena Marturano, Liliana Cavani torna a dirigere Geppy Gleijeses ne Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello.

Una famiglia borghese che, pur di mantenere intatta una parvenza d’onore, simula un matrimonio finto per coprire lo scandalo di una donna (Agata) messa incinta da un uomo già sposato e con un’altra famiglia. Angelo Baldovino, un uomo apparentemente ordinario e privo di doti, su compenso si assumerà l’onere di salvare la rispettabilità d’una casata macchiata dal peccato ma si mostrerà meno insignificante e neutro di quanto si supponeva. Disposto ad accettare la finzione di sposare Agata e riconoscere il nascituro dandogli il suo nome, Baldovino è tuttavia deciso a recitare la sua parte di uomo irreprensibile e onesto fino in fondo, ma apparire onesto, in un mondo che non rende affatto facile esserlo, genera inevitabilmente una serie di complicazioni.

Due grandi attori diretti dalla regista di fama internazionale Liliana Cavani in uno dei più famosi classici del Novecento.

In questa nuova edizione de Il piacere dell’onestà i personaggi sono quello che sono, le disoneste creature dello scrittore siciliano; ma anche gli attori, i loro interpreti sono quello che sono; creature ben diverse, ciascuna con la sua storia, il suo diverso ardore, e la propria onestà di interprete. (…) Ciò che importa nello spettacolo di Cavani, è la limpidezza con cui è trattata la torbida materia. Non solo. Non c’è astrazione di Pirandello che non sia smussata dalla semplice umanità (e tecnica) degli attori. Non c’è rovesciamento che non sia rimesso con i piedi per terra. Merito primo e assoluto di Geppy Gleijeses misurato allo stremo; e poi di Vanessa Gravina, luminosa.
Franco Cordelli – Corriere della Sera

Applausi scroscianti al termine della apprezzatissima performance.Un piccolo incidente: un cellulare ha squillato e Geppy Gleijeses ha ri[reso la recitazione fin dal momento in cui e’ avvenuta l’intrusione del cellulare.

Infine va sottolineata anche l’interpretazioe di Paolo Romano nel ruolo del padre naturale.

Questo e’ vero teatro.